La seconda vita dei cosiddetti Bronzi di Riace prendeva corpo 52 anni fa, il 16 agosto del 1972.
Ciò che il mare aveva misteriosamente inghiottito, altrettanto miracolosamente restituiva in perfetto stato di conservazione due statue greche, in bronzo, riconosciute essere risalenti al V secolo a.C.
Battezzati semplicemente “Bronzi di Riace” dalla cittadina calabrese sede del ritrovamento, hanno consegnato alla comunità una fonte di informazioni molto vasta per studi ed approfondimenti scientifici e culturali, ma hanno anche reso noto a tutto il mondo anche la piccola località marinara.
Si possono visitare a Reggio Calabria, al MArRC, il Museo nazionale della Magna Grecia, dopo quasi dieci anni occorsi al museo di Firenze per i restauri e le analisi scientifiche con le tecnologie allo stato dell’arte che esso possedeva per questi lavori.
In quell’estate molti di noi erano ignari e comprensibilmente menefreghisti della rivoluzionaria scoperta appena effettuata.
In questi anni (decenni, ahimè), misteri e leggende sono stratificati come nubi più o meno dense circa il loro ritrovamento, l’effettivo numero dei Bronzi (c’è chi giurerebbe di sapere di una terza statua mai recuperata ufficialmente, ma studiosi che ne ipotizzano addirittura cinque), i differenti periodi e scultori a cui sarebbero attribuiti, la loro presenza in quelle acque.
Anche i personaggi che hanno gravitato attorno a questa vicenda, alcuni rendono il quadro complessivo con qualche tinta fosca, quando non del tutto oscura, anche per l’incuranza e superficialità delle autorità preposte.
Una riflessione minore: ad oggi le statue sono conservate in ambiente asettico, cui si accede in numero limitato di visitatori alla volta.
Per ridurre il grado di contaminazione che un visitatore può introdurre si viene anche “puliti” da un getto di aria.
Inoltre le statue sono appoggiate a due rispettivi basamenti antisismici, studiati e creati appositamente, considerata anche la zona a rischio.
Quindi la considerazione (polemica?): fate un po’ Voi il conto di quanti secoli i Bronzi sono rimasti in fondo al mare per essere trattati oggi come oggetti fragili e protetti da tecnologie che gli ospedali e le scuole di queste zone apprendono dai libri accademici.
Il mare, ancora una volta, ne sa di più…