Una nostra amica ci scrive e ci chiede di conoscere la differenza tra naufragio e danneggiamento con pericolo colposo.
Lo facciamo raccontando un caso recentemente definitosi (sentenza della Corte di Cassazione del dicembre 2024).
La Suprema Corte ha confermato la condanna per il comandante di un’unità navale per i reati di omicidio colposo (art.589 codice penale) e danneggiamento con pericolo colposo di naufragio (ai sensi dell’art.1123 del codice della navigazione).
I fatti in sintesi
Il procedimento trae origine da un grave incidente nautico verificatosi nel luglio del 2022 nell’alto mar Tirreno.
La dinamica del sinistro è stata ricostruita attraverso una perizia disposta in sede di incidente probatorio.
L’imputato si trovava alla guida di un’imbarcazione a motore, battente bandiera straniera ed era in navigazione da sud verso nord.
Giunto in prossimità della costa della Toscana, la parte prodiera della chiglia dell’imbarcazione “urtava a poppavia del traverso di diritta, con un angolo di 35 gradi” un’imbarcazione a vela, in quel momento condotta con propulsione a motore, con a bordo alcune persone.
La collisione provocava la morte di due persone e la lesione personale di altre quattro.
Secondo l’accusa, l’incidente fu causato dal comandante dell’imbarcazione a motore con una condotta negligente, imprudente, imperita e contrastante con le norme stabilite dal Regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare.
Più in particolare, il comandante è stato accusato:
- di aver mantenuto nella navigazione un assetto «appoppato», con la prua alzata di circa sei gradi, pur dovendo navigare con i riflessi del sole basso all’orizzonte sul parabrezza del motoscafo;
- di aver mantenuto una velocità di navigazione di 20/22 nodi senza mai decelerare nonostante la scarsa visibilità dovuta al riflesso del sole e all’assetto «appoppato»;
- di non aver lasciato libera la rotta all’imbarcazione a vela, privandola del diritto di precedenza pur essendo sopraggiunto da sinistra rispetto alla rotta di quella imbarcazione.
Secondo la tesi accusatoria, a causa di tale comportamento colposo, l’imputato non si avvide per tempo della presenza di un’altra imbarcazione e, di conseguenza, non attuò alcuna manovra per evitare l’impatto.
La accuse: l’omicidio colposo (art.589 codice penale)
All’epoca dei fatti non esisteva il reato di omicidio colposo nautico, inserito espressamente nel nostro ordinamento soltanto nell’ottobre del 2023 (vedi il nostro approfondimento sul tema).
I fatti di cui sopra hanno portato, pertanto, all’imputazione del reato di omicidio colposo, cioè hanno inquadrato la condotta all’interno di quella disciplinata dalla fattispecie generale dell’omicidio colposo all’epoca vigente.
Il reato è ben noto, purtroppo, e prevede la reclusione per “chiunque cagiona per colpa la morte di una persona” laddove lo colpa si configura per negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi e/o regolamenti.
Senza scendere troppo nei dettagli giuridici, è bene precisare che:
- la negligenza individua un comportamento caratterizzato da disattenzione, superficialità;
- l’imprudenza si verifica tutte le volte in cui il comportamento non è assistito da adeguate cautele;
- l’imperizia connota chi agisce al di sopra delle proprie capacità tecniche;
- l’inosservanza di leggi e regolamenti, infine, è quella che viene definita anche colpa specifica e fa riferimento a tutti i casi in cui il comportamento viene tenuto non osservando dei precetti che disciplinano quella tipologia di azione.
Le accuse: danneggiamento con pericolo colposo di naufragio (art.1123 del codice della navigazione)
La percezione del reato di omicidio colposo è probabilmente più facile.
In aggiunta, però, come detto, è stato configurato il reato di danneggiamento con pericolo colposo di naufragio.
L’articolo prevede che
“Chiunque per colpa cagiona danno a una nave, a un galleggiante o a un aeromobile in navigazione è punito con la reclusione …..e con la multa ……, se dal fatto deriva pericolo di incendio, naufragio, sommersione o urto della nave o del galleggiante ovvero di incendio, caduta, perdita o urto dell’aeromobile.
Alla stessa pena soggiace chiunque, slegando o tagliando gomene od ormeggi ovvero con altra azione od omissione colposa, cagiona danno a una nave o a un galleggiante ancorati o a un aeromobile fermo, se dal fatto deriva il pericolo indicato nel comma precedente.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano se il fatto è previsto come più grave reato da altra disposizione di legge.”.
Nel caso in esame, è stato sostenuto, infatti, che con le condotte colpose sopra descritte, l’imputato avrebbe causato «danni al timone, alla leva di controllo dell’andatura del timone, alla strumentazione e quadro dei comandi, nonché ai componenti strutturali dell’armamento e al pozzetto» dell’imbarcazione colpita, così determinando «pericolo di naufragio».
Il concetto di naufragio
Nel confronto tra accusa e difesa, è stato posto l’accento sulla necessità se, nel caso in esame, potesse configurarsi il reato di danneggiamento con pericolo colposo di naufragio o addirittura il più grave reato di naufragio.
In particolare, l’accusa ha sostenuto che nel caso di specie non doveva parlarsi di “danneggiamento con pericolo colposo di naufragio” ma di naufragio vero e proprio ai sensi dell’art.428 del codice penale che sancisce:
“Chiunque cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di altrui proprietà, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni”.
Non solo, avrebbe dovuto operare anche l’aggravante dell’art.449 del codice penale, secondo comma, in ragione del quale
“La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone”.
La Corte di Cassazione, al riguardo, ha rammentato che, secondo la giurisprudenza di legittimità,
«ai fini della sussistenza del delitto di cui agli artt. 428 e 449, comma secondo, cod. pen., perché si abbia naufragio non è necessario che il natante sia affondato, ma è sufficiente che lo stesso non sia più in grado di galleggiare regolarmente, risultando così inutilizzabile per la navigazione».
Questo principio è stato affermato in un caso in cui l’imbarcazione sulla quale viaggiava la persona offesa aveva riportato danni strutturali tali da comprometterne l’autonoma capacità di navigazione: si trattava di un gommone che, a seguito dell’impatto, pur galleggiando, non era più idoneo a navigare, tanto da dover essere trainato in porto.
Lo stesso principio è stato affermato in un caso in cui vi era stato l’inabissamento solo parziale di una imbarcazione a motore dovuto alla falla apertasi nello scafo a seguito dell’urto della porzione poppiera dell’unità contro alcuni scogli.
In sintesi: a differenza del delitto di cui all’art. 1123 cod. nav., che ha ad oggetto la «sicurezza della navigazione», il delitto di cui all’art. 449, comma 2 del codice penale è posto a tutela della «pubblica incolumità».
Richiede dunque che l’evento sia qualificabile come naufragio in ragione della sua gravità e della sua incidenza sulle sorti del natante a prescindere dal fatto che vi sia stata sommersione.

Le conclusioni
Nel caso in esame, la Cassazione non ritenne ci fossero i presupposti per desumersi, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, che la qualificazione giuridica del fatto (danneggiamento con pericolo colposo) fosse errata rispetto alla più corretta ipotesi di naufragio.
E ciò sulla base degli esiti della perizia che enunciava i danni riportati dalla imbarcazione sulla quale viaggiavano le persone offese.
Difatti, malgrado fosse stato evidenziato che furono danneggiati il timone, la leva di controllo dell’andatura del timone, la strumentazione, il quadro di comando, alcune componenti strutturali dell’armamento e il pozzetto, nulla era stato scritto circa la sua idoneità a proseguire la navigazione.
I danni descritti, cioè, non consentivano, di per sé, di ritenere che l’imbarcazione non fosse in grado di galleggiare regolarmente e fosse inutilizzabile per la navigazione.
Né, in proposito, poteva rilevare che l’imbarcazione colpita abbia dovuto essere trainata in porto, atteso che, come riportano gli atti, questa scelta fu adottata a scopo cautelare dai Vigili del fuoco, che tagliarono «i conduttori dell’elettrovalvola del carburante» e «un tubo di alimentazione».
E voi…cosa ne pensate?