“Io c’ero e per fortuna mi sono salvato!”: a 18 anni dal tragico incidente del Segesta Jet nello Stretto di Messina, ricostruiamo i fatti con la testimonianza di due dei nostri colleghi di OkDock.
Destini incrociati e vite spezzate in quel terribile pomeriggio di gennaio che ha segnato la vita di tantissime persone e purtroppo rapito definitivamente quella di alcune di esse.
Il ricordo di quella serata è ancora nitido nella mente di P., del team di OkDock.
Era il pomeriggio di lunedì 15 gennaio 2007.
Il Segesta Jet, mezzo veloce in servizio per le Ferrovie dello Stato nella tratta Reggio Calabria – Messina, partito alle 17.35, sta facendo rientro nella città peloritana.
A bordo il consueto carico di vite umane, circa 150 persone, per lo più lavoratori pendolari dello Stretto, che ogni giorno fanno la spola tra le due sponde, assorti nei pensieri di una giornata che si avvia alla fine.
Normale routine per i membri dell’equipaggio, alcuni più giovani ma altri marinai esperti conoscitori di quel tratto di mare.
La nave portacontainer Susan Borchard, battente bandiera di Antigua, sta attraversando lo Stretto di Messina da Nord verso Sud diretta in Israele.
Infine una terza nave, della flotta Caronte e Tourist, la Zancle, è partita dallo scalo di Tremestieri diretta a Villa San Giovanni.
Quel giorno nello Stretto di Messina regna un’insolita quiete: serata tranquilla, mare calmo, due componenti altrettanto perverse che, probabilmente, portano ad abbassare la guardia e a pensare che, in fondo, solcare quelle acque è poco più che normale routine.
“I protocolli di precedenza erano diversi allora e, soprattutto in situazioni di mare calmo, in quel tratto di mare si naviga a vista. L’ausilio del radar viene limitato alla partenza per verificare le condizioni di traffico”, ci dice F., anche lui nel team di OkDock, quel giorno impegnato in altre attività di servizio nello Stretto di Messina.
Alle 17:54, quando l’aliscafo si trova a circa un miglio dalla costa siciliana, accade l’imponderabile.
La dinamica dell’incidente del Segesta Jet

Secondo la ricostruzione, le tre imbarcazioni si trovavano molto vicine.
La Zancle, che, come detto, sta navigando da Tremestieri (Messina) a Villa San Giovanni, sfila davanti al Segesta Jet che sta viaggiando trasversalmente rispetto allo Stretto da Reggio Calabria a Messina.
Probabilmente questo incrocio “oscura” la vista al comandante del Segesta Jet verso il Nord per cui una volta “sfilata” la Zancle, l’aliscafo si ritrova dinanzi la sagoma della Susan Brochard.
La collisione è tremenda.
La Susan Brochard, colpisce l’aliscafo esattamente all’altezza della cabina di comando: 4 componenti dell’equipaggio perdono la vita tra cui il comandante.
L’aliscafo si “incastra” nell’intersezione del bulbo di prua con lo scafo.
“A bordo c’è stato subito il panico”, racconta P. “Andata via immediatamente la luce, ho cercato di farmi strada in qualche modo tra persone sballottate da una parte all’altra. Ricordo l’odore del carburante e sempre più le grida di dolore dei feriti. Ho subito pensato di soccorrere e tranquillizzare chi mi stava vicino, confidando nell’arrivo dei soccorsi”.
Il Segesta Jet in quel momento è sostanzialmente fuori controllo e senza comando.
Qualcuno, appartenente alle forze dell’ordine, spara dei colpi in aria con la pistola di ordinanza per segnalare la presenza alla nave perché teme che non si sia accorta dell’impatto.
Il comandante della Susan Brochard in realtà si è avveduto dell’accaduto e rallenta ma non interrompe la navigazione: questa mossa si rivelerà decisiva poiché consentirà al Segesta Jet di non ricadere in acqua (e probabilmente affondare) ma di rimanere “incastrato” nel bulbo di prua fino all’arrivo dei soccorsi.
E per fortuna i soccorsi arrivano tempestivi: Guardia costiera, Vigili del fuoco, Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e Protezione civile, coordinate dalle due prefetture di Reggio Calabria e di Messina.
Alla fine il bilancio dell’incidente del Segesta Jet è drammatico: 4 membri dell’equipaggio morti e decine di feriti.
Il ricordo dopo 18 anni
Chi c’era non dimentica e non intende dimenticare.
Sono passati 18 anni, P. non dimentica e conserva ancora il salvagente sporco di sangue ma guarda avanti: da 12 anni, per fortuna, il 15 gennaio, ci sono anche altre cose belle da ricordare…ma queste rimangono nella sfera privata.
Anche la città di Messina non dimentica e proprio a quei marinai, morti nel compimento del proprio lavoro, ha dedicato un piazzale attiguo al porto, il P.le Marinai del Segesta, proprio a ridosso di dove oggi c’è la biglietteria per l’imbarco agli aliscafi.
Caro viaggiatore, in arrivo o in partenza dalla Sicilia, adesso conosci questa storia e quando arriverai in prossimità di quel Piazzale potrai anche tu rendere omaggio ai quattro marinai del Segesta Jet che quel giorno, per l’ultima volta, hanno solcato le onde di quell’amato quanto insidioso mare.