“L’odore del mare mi calmerà” diceva una vecchia canzone di Edoardo De Crescenzo (quello di “Ancora”…per intenderci) esattamente 37 anni fa a Sanremo.
Ho sempre trovato questa frase molto affine all’effetto che ha il mare verso il mio olfatto, una sensazione spesso accompagnata dall’effetto tattile degli spruzzi di onda.
Quando ne ho la possibilità ricerco questa dimensione e talvolta mi basta anche solo rivedere nella mia mente le immagini di una nave che solca le onde del breve tratto di mare (spesso agitato) che separa l’Europa continentale dalla mia Sicilia.
E’ allora che mi rivedo al centro del ponte di un traghetto a seguire con gli occhi il movimento, a volte lento a volte brusco, della prua che trancia il mare mentre la mia mente si proietta, libera da pensieri, verso la costa che pian piano si avvicina.
Il mare come elemento di unione, come grande entità che abbraccia tutti e che di tanto in tanto viene interrotto dalle terre emerse, il mare come segno di continuità tra i popoli, con i suoi segreti, con la sua forza … con il suo odore.
Il mare per chi è nato al mare è una presenza, qualcosa che non necessariamente devi vedere ma che puoi anche soltanto sentire e spesso quel sentire giunge attraverso il quarto senso.
Non a caso la possibilità di percepire gli odori rappresenta una capacità che si perde nella notte dei tempi ed è forse il senso che adoperiamo in maniera involontaria sebbene sia quello che utilizziamo più spesso.
In fondo l’odore del mare è semplice (almeno così affermava lo scrittore tedesco Patrick Süskind), con il suo carico di elementi molto diffusi come l’acqua salmastra preceduto da una freschezza caratteristica.
Ma per chi è nato o vissuto vicino al mare, questo odore non rimane semplice, ma si lega inconsapevolmente con i ricordi, contribuendo a dare a questi una suggestiva consistenza e una magica forma.